Progetto Lightup, escalation di minacce ai ricercatori delle Università di Torino e di Parma

Crescendo di intimidazioni da parte di militanti animalisti contro gli studiosi impegnati nella ricerca, focalizzata sul recupero della vista in pazienti ciechi e caratterizzata da una sperimentazione sui macachi

È una vera e propria escalation di minacce quella che sta bersagliando i ricercatori impegnati nel progetto LIGHTUP, finanziato dall’European Research Council e condotto dalle Università di Torino e Parma: un progetto, passato al vaglio di tutte le norme vigenti, che mira a validare procedure riabilitative che permettano il recupero della vista a pazienti ciechi in seguito a una lesione al cervello, e che prevede una sperimentazione sui macachi.

 

I Proff. Marco Tamietto dell’Università di Torino e Luca Bonini dell’Università di Parma sono stati bersagli di un crescendo di minacce che vanno dall’aggressione personale da parte di militanti animalisti a falsità diffuse ripetutamente sulle attività sperimentali programmate nel quadro di stringenti normative vigenti. L’ultimo episodio di eccezionale gravità consiste in una lettera anonima indirizzata al Prof. Tamietto con minacce di morte e un proiettile. Gli Atenei di Torino e di Parma hanno da tempo provveduto a tutelare il lavoro e la onorabilità dei ricercatori anche in sede giudiziaria.  

 

Questa la posizione dei due Atenei: «Le Università di Torino e di Parma esprimono solidarietà e vicinanza ai Proff. Tamietto e Bonini. Tali manifestazioni di minaccia dell’incolumità della persona travalicano qualsiasi confronto democratico su opinioni che, sia pure divergenti, possono essere ammissibili nel contesto di una libera discussione pubblica. Per la ricerca scientifica e per le sue ricadute positive, tali posizioni risultano comunque dannose, essendo basate su affermazioni aprioristiche e disinformative che, oltretutto, vanno anche ad alimentare azioni violente di frange aggressive. Chi sostiene queste opinioni (anche se in buona fede) e non si dissocia chiaramente dalle minacce di violenza fisica e verbale, destituisce di qualsiasi legittimità e attendibilità le proprie opinioni».

 

Il progetto LIGHTUP è stato approvato nei suoi aspetti scientifici ed etici dallo European Research Council, dai comitati etici e dagli Organismi Preposti al Benessere Animale (OPBA) delle Università di Torino e di Parma, oltre che dal Ministero della Salute. Tutti questi organismi indipendenti hanno riconosciuto il valore del progetto e l’impossibilità di perseguirne gli obiettivi di conoscenza e intervento clinico senza una preventiva sperimentazione su animale oltre gli studi (non invasivi) su soggetti umani. È bene sottolineare come l’Italia sia il Paese con la legislazione più restrittiva d’Europa in materia di sperimentazione animale.

 

Gli Atenei di Torino e di Parma hanno redatto e pubblicato un FACT-CHECKING sul testo della petizione LAV per smentire una reiterata disinformazione comparsa in rete.

 

La prestigiosa rivista internazionale “Science” ha pubblicato nei giorni scorsi sul suo sito un articolo sulla grave campagna di disinformazione messa in atto da alcune associazioni animaliste nei confronti del progetto LIGHTUP. L’articolo cita, inoltre, la dichiarazione di Elena Cattaneo, neuroscienziata di fama internazionale e Senatrice a vita, che definisce “il caso molto preoccupante”.

Data di pubblicazione del comunicato: 
Venerdì, 23 Agosto, 2019

Psicologia, studio rivela come il ragionamento abbia un ruolo inesplorato nelle convinzioni morali

Sulla prestigiosa rivista Acta Psychologica le ricerche della Prof.ssa Bucciarelli di UniTo

Le ricerche condotte dalla Prof.ssa Bucciarelli del Dipartimento di Psicologia fanno emergere come la ragione possa intervenire sulle valutazioni morali di ciascuno e possa favorire un confronto costruttivo tra persone che posseggono idee differenti. I risultati di questi studi avranno implicazioni importanti dal punto di vista sociale, politico e religioso

 

 

La prestigiosa rivista internazionale Acta Psychologica ha recentemente pubblicato un articolo sulle ricerche condotte dalla Prof.ssa Monica Bucciarelli, del Dipartimento di Psicologia e Presidente del Centro di Logica, Linguaggio, e Cognizione dell’Università di Torino, in collaborazione con il Prof. Johnson-Laird, delle Università di Princeton e di New York, che dimostrano come il ragionamento abbia un ruolo importante nelle valutazioni morali sebbene ci sia un forte legame con le emozioni. Si tratta di una terza via finora inesplorata.

 

I processi alla base della nostra capacità di giudicare qualcosa come morale o immorale sono stati recentemente ampiamente indagati. La teoria socio-intuizionista ritiene che siano le emozioni a guidare i nostri giudizi (“mi piace, quindi è moralmente giusto, non mi piace, quindi è moralmente sbagliato”). Le teorie della grammatica morale sostengono che esistano dei principi innati che ci guidano nel valutare cosa è morale e cosa è immorale (ad esempio, un danno prodotto ad altri come effetto collaterale di un’azione è più accettabile rispetto a un danno prodotto in modo intenzionale). Entrambi gli approcci non riconoscono, però, un ruolo del ragionamento nei giudizi morali. Purtroppo, ciò porta spesso a ritenere che la ragione non possa intervenire nelle nostre valutazioni morali.

 

Non è così. Gli studi condotti dalla Prof.ssa Bucciarelli hanno rilevato che la forza della credenza in asserzioni morali si correla con la piacevolezza elicitata dalle medesime, e che modificando l’emozione sperimentata rispetto a un’asserzione morale si provoca un cambiamento nella forza della credenza in quell’asserzione (un’emozione positiva porta a ritenere più morale una questione, un’emozione negativa porta a ritenerla più immorale). Gli studi hanno dimostrato, inoltre, che cambiando la forza della credenza in un’asserzione morale, invitando le persone a pensare a ragioni per credere o non credere nell’asserzione, si produce nelle persone un cambiamento nella piacevolezza elicitata dall’asserzione. Gli studi sono stati condotti su un campione di giovani adulti.

 

La nuova teoria ritiene che ciò che è questione morale non può essere chiaramente definito. Ci sono questioni che sono morali per alcune culture, o comunità, o persone, e che non lo sono per altre. È perciò di fondamentale importanza sollecitare il ragionamento delle persone su questioni morali, emancipandole da giudizi basati su reazioni emotive e favorendo la mediazione con il punto di vista dell’altro. Per questo motivo, i risultati di questi studi hanno implicazioni importanti dal punto di vista sociale, politico, religioso. In una società dove si soffia sul fuoco e, in vari ambiti (media, social e politica) si preferisce parlare alla pancia, non si deve perdere, invece, la possibilità di ragionare. Vale, per esempio, per una questione delicata come quella delle migrazioni contemporanee.  

 

È, dunque, fondamentale comprendere i processi alla base della forza con cui intratteniamo una credenza, e della forza dell’emozione da essa suscitata, per meglio comprendere cosa può ostacolare o favorire un confronto costruttivo tra persone che posseggono idee differenti. 

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Martedì, 6 Agosto, 2019

Città delle Scienze - Affidato l’appalto per l’avvio dei lavori del nuovo modello di Campus Universitario Metropolitano a un raggruppamento di imprese. Progetto interamente finanziato dal Gruppo Intesa Sanpaolo

Oggi, martedì 30 luglio, l’Università degli Studi di Torino, al termine delle procedure previste dal bando di gara per l’attivazione di un partenariato pubblico-privato mediante locazione finanziaria di opera pubblica, ha affidato l’appalto per il nuovo polo scientifico universitario nel comune di Grugliasco (TO) al raggruppamento di imprese costituito da Itinera S.p.A. (Capogruppo), Mediocredito Italiano S.p.A. (Gruppo Intesa Sanpaolo), Costruzioni Generali Gilardi S.p.A. di Torino, Euroimpianti S.p.A. e Semana S.r.l.. La realizzazione sarà interamente finanziata dal Gruppo Intesa Sanpaolo, che si impegna  così  a sostenere un’operazione strategica per la crescita del territorio.

 

Il nuovo insediamento universitario ospiterà i Dipartimenti di Chimica, Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi, Scienze della Terra che, insieme all’adiacente complesso edilizio dei Dipartimenti di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari e di Scienze Veterinarie, concorreranno ad articolare un nuovo modello di Campus Universitario Metropolitano.

Le imprese affidatarie si occuperanno della progettazione definitiva ed esecutiva del nuovo Polo, della sua realizzazione, comprensiva dei lavori e delle forniture degli arredi, del finanziamento attraverso lo strumento della locazione finanziaria immobiliare in costruendo, della manutenzione e gestione dell’opera per un periodo di 20 anni.

 

Il percorso progettuale, inserito nell’ambito del piano edilizio dell’Università, finalizzato al riordino del sistema universitario mediante la costituzione di poli tematici, si estende su una superficie di 121.660 m2. Prevede la realizzazione di un complesso di edifici sostenibili integrati nell’ambiente circostante con particolare attenzione alle caratteristiche morfologiche dell’area, con edifici immersi nel verde e disposti secondo uno schema che permetta di distinguere le strutture didattiche dagli spazi destinati alla ricerca.

Il nuovo Campus, che porterà a un significativo aumento della popolazione universitaria a Grugliasco dalle attuali 5.000 unità fino alle oltre 10.000, prevede la realizzazione di attività complementari e di servizio con infrastrutture pubbliche strettamente connesse. Nel progetto, il cui costo complessivo è di 160 milioni di euro (con oltre 2,4 milioni di euro all’anno per la manutenzione e gestione), sono previsti 18.000 m2 per aule per didattica e per lo studio, spazi comuni e servizi per studenti mentre 40.000 m2 saranno l’estensione degli spazi per la ricerca. Alle attività sportive multiple affidate al Cus Torino (basket, volley, pallamano, lotta, ginnastica artistica/ritmica, ecc.) saranno dedicati 6.000 m2.  Punto di snodo e di interazione fra l’attività universitaria e la città una grande piazza attrezzata di 7.200 m2, spazi per la ristorazione, caffetterie e aree relax all’interno degli edifici (a gestione diretta dell’Università) e il nuovo parco urbano di 40.000 m2. A completamento dell’opera la passerella sulla ferrovia, la viabilità di accesso e l’implementazione del sistema delle piste ciclabili.

La progettazione definitiva sarà avviata dal mese di settembre e, dopo l’ottenimento di tutte le autorizzazioni, nel secondo semestre del 2020 potranno iniziare i lavori che dureranno 3 anni.

L’accordo di programma, siglato da Regione Piemonte, Città di Grugliasco e Università di Torino nel marzo 2017, nasce come attuazione di uno specifico accordo pluriennale del 2001 tra Università e MIUR per la realizzazione di investimenti in edilizia universitaria per complessivi 237 milioni di euro, 42 dei quali destinati a Grugliasco. Il finanziamento anticipato da Intesa Sanpaolo per la realizzazione e la gestione del Campus sarà restituito dall'Università mediante un canone annuale della durata di 20 anni.

 

“La nascita del nuovo insediamento del Polo Scientifico di Grugliasco” dichiara Gianmaria Ajani, Rettore dell’Università di Torino “che raggrupperà in una stessa area Dipartimenti dalla vocazione scientifica complementare, genererà un conseguente effetto moltiplicatore sulla ricerca e sulla produzione scientifica e diverrà modello di attrazione per imprese, industria, agenzie territoriali e principali stakeholders. Potenzierà settori di grande attrattività scientifica ed economica, tra cui l’Agrifood, il settore Terra, Risorse naturali e Ambiente, la Chimica Verde, la Scienza dei materiali, l’Energia Sostenibile e la Sanità Animale. Un ponte ideale con la futura Città della Salute nell’ottica di un concetto di moderna one health che correla salute umana, animale e ambientale”.

 

“Questo è un esempio positivo del modo in cui la sinergia tra il pubblico e il privato può dare al nostro territorio nuovi servizi e opportunità”, sottolinea il Presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio “La Regione ha investito in particolare sui laboratori per sviluppare la parte di ricerca all’interno del nuovo Campus, coniugando al massimo il mondo della didattica con quello dell'impresa e del lavoro qualificato. Parliamo di ambiti in cui il Piemonte è un’eccellenza e che vedono in prima linea, accanto al futuro Parco della Salute, anche i nostri Poli di innovazione dedicati alle Scienze della Vita, Chimica verde e nuovi materiali, Energia e Tecnologie pulite e Agroalimentare. Il Campus di Grugliasco non solo potrà interagire con queste realtà, ma sarà un fiore all’occhiello per la nostra regione che vuole diventare un punto di riferimento universitario internazionale, in modo competitivo sia sul piano dell’offerta formativa che dei servizi dedicati agli studenti. In questa direzione va anche la nostra candidatura ad ospitare a Torino le Universiadi del 2025: vogliamo fare del Piemonte una grande cittadella universitaria diffusa”. 

 

“Si avvia con questa aggiudicazione un progetto strategico di sviluppo dell’area metropolitana” dichiara Roberto Montà, Sindaco della Città di Grugliasco “che vede in Grugliasco la sede ottimale per un Campus integrato con la città e i suoi servizi, in grado di costruire relazioni proficue con le imprese e il territorio. La realizzazione di ingenti investimenti nell’impiantistica sportiva e nei servizi accessori alla didattica e alla ricerca, testimoniano la volontà di costruire un Campus aperto in cui saperi, innovazione, ricerca e benessere saranno il motore di un nuovo modo di concepire la didattica e lo sviluppo”.

 

“Abbiamo creduto fin da subito in questa operazione” afferma Cristina Balbo, Direttore Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria di Intesa Sanpaolo “e siamo lieti che l’offerta presentata da Mediocredito Italiano, tramite il proprio Desk specializzato nella Pubblica Amministrazione, sia risultata vincente. Il nostro impegno finanziario ammonta a 160 milioni di euro. Le ricadute sul territorio saranno positive sotto ogni profilo. Si tratta infatti di una grande opera di riqualificazione con incremento dei servizi, potenziamento dei collegamenti e notevoli ricadute occupazionali. L’Università di Torino si confermerà ulteriormente come polo universitario di livello internazionale e punto di incontro tra mondo delle imprese, della ricerca e dell’innovazione. Anche per questo motivo siamo orgogliosi del ruolo che assumiamo, considerata la missione che il nostro Gruppo vuole avere nello sviluppo del territorio e del paese. Questo è un bell’esempio di come soggetti privati e pubblici possano lavorare in maniera sinergica ed efficace a beneficio della comunità locale e a favore delle nuove generazioni”.

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Martedì, 30 Luglio, 2019

Ricerca alimentare: da Unito uno strumento di biocontrollo contro la contaminazione delle filiere avicole

Una nuova strategia di mitigazione non a base antibiotica da integrare nei protocolli igienici per ridurre la presenza nelle filiere avicole del Campylobacter, batterio responsabile delle più diffuse infezioni gastrointestinali.

 

 

Un gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali a Alimentari (DISAFA) dell’Università di Torino, guidato al Prof. Luca Cocolin, dalla Prof.ssa Kalliopi Rantsioue dal Dott. Ilario Ferrocino, in collaborazione con la Fondazione AZTI (Spagna), l’Istituto di riproduzione animale e ricerca alimentare PAS (Polonia), il Phage Technology Center PTC (Germania) e l’Ora-Agricola (Italia), sta sviluppando uno strumento di biocontrollo avanzato contro il Campylobacter nella filiera avicola, una delle maggiori preoccupazioni nel settore per l’Unione Europea, terzo produttore al mondo di carne avicola con oltre 15 milioni di tonnellate.

 

La presenza di Campylobacter nelle carni avicole, che è tra i veicoli principali di trasmissione della Campilobatteriosi, malattia a trasmissione alimentare, ha fatto registrare nel 2017 in Europa circa 246.158 casi con un costo stimato annuo di 2.400 milioni di Euro.  Numeri che preoccupano e che insieme all’aumento della prevalenza di ceppi di batteri resistenti agli antibiotici ha reso fondamentale lo sviluppo di una nuova strategia innovativa per ridurre il rischio di contaminazione.

 

Attualmente esistono diverse strategie per il controllo di Campylobacter durante la produzione primaria. Le misure di controllo standard adottate a livello di azienda agricola si basano su antibiotici, che però promuovono la selezione e la diffusione di ceppi multiresistenti. Le attuali strategie per il contenimento riguardano la vaccinazione precoce degli animali, la riduzione dell’età di macellazione, l’uso di prebiotici, probiotici e di antimicrobici naturali. Alcune di queste strategie hanno facilitato la riduzione della prevalenza diCampylobacter ma non sono sufficienti per risolvere il problema.

 

Il progetto C-SNIPER invece, prevede l’utilizzo di batteriofagi come antimicrobici naturali negli impianti di allevamento, macellazione e/o lavorazione. L’uso dei batteriofagi come strategia di sicurezza alimentare è auspicabile in quanto specifica nei confronti del patogeno target. Per di più i batteriofagi sono innocui per piante, animali e uomo e non influenzano il normale microbiota dell’ospite o altre proprietà alimentari. Esistono già alcuni prodotti a base di fagi commercializzati attivi contro Listeria monocytogenes, Escherichia coli e Salmonella utilizzati nei prodotti alimentari, ma non sono disponibili prodotti specifici per Campylobacter.

 

Lo sviluppo di fagi contro Campylobacter nell’ambito del progetto C-SNIPER, soddisferà il bisogno del mercato di utilizzare prodotti senza antibiotici per salvaguardare la produzione avicola, garantire alti standard di qualità e fiducia nel consumatore.

 

Il progetto è stato finanziato nell’ambito delle attività promosse da EIT Food, l’Istituto della UE di cui fa parte l’Università di Torino, che spinge imprese, istruzione e ricerca a trovare soluzione alle pressanti sfide globali in campo alimentare.

Data di pubblicazione del comunicato: 
Lunedì, 8 Luglio, 2019

L’Università di Torino “promossa” dagli studenti

UniTo si conferma tra le migliori università europee per qualità dell’insegnamento secondo The Europe Teaching Ranking 2019 e ottiene tre medaglie da StudyPortals, sito internazionale di promozione delle università, grazie ai voti degli studenti registrati che sono stati chiamati ad esprimere un giudizio sugli atenei da loro frequentati.

 

Il "Times Higher Education Europe Teaching Rankings 2019", classifica delle sole università europee prodotta dall'agenzia specializzata THE (The Higher Education) che si concentra esclusivamente sulla didattica e l'insegnamento (“Teaching Excellence”), ha piazzato l'Università di Torino tra le prime 150 università in Europa, precisamente nella fascia 126-150.

 

Il ranking si basa prevalentemente sui risultati di un'indagine presso gli studenti, che questo inverno hanno espresso la loro opinione sull'Ateneo in cui studiano, nei rapporti con i docenti, la qualità dei servizi che ricevono e la preparazione e opportunità che pensano di avere dopo la laurea. La classifica tiene conto anche delle risorse disponibili negli atenei e degli indicatori sui risultati degli studenti. Il progetto è nato l'anno scorso e questa seconda edizione ha visto l'affinamento della metodologia adottata per produrre la classifica.

 

Il positivo ambiente didattico è stato anche premiato recentemente da StudyPortals, portale internazionale di promozione delle Università, che ha assegnato tre medaglie sulla base dei voti degli studenti proprio per la "Quality of student life" (soddisfazione per la vita universitaria), per gli aspetti di "Career development" (occupabilità nel mondo del lavoro), e per la "Overall satisfaction" (capacità dell’Ateneo di motivare gli studenti).

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Venerdì, 5 Luglio, 2019

Open Day: le infrastrutture di ricerca di Unito per enti e imprese

200 visite prenotate dalle principali aziende del territorio nei laboratori dell’Università di Torino

Per tre giorni, il 27 giugno, l’1 e 2 luglio, l'Università di Torino ha aperto i suoi più importanti laboratori di ricerca alle imprese. Più di 50 laboratori, presenti in 11 dipartimenti e 7 centri universitari, sono stati resi accessibili da imprese ed enti esterni per testare prototipi, effettuare prove, misurazioni e sperimentazioni, analisi chimiche, fisiologiche, molecolari.

 

L'obiettivo era quello di far conoscere agli operatori le strumentazioni di ricerca all'avanguardia dell'Ateneo torinese, che rappresentano non solo il patrimonio strumentale per la ricerca universitaria, ma anche un'opportunità di collaborazione con le imprese del territorio.

 

Negli ultimi 7 anni, l’Ateneo torinese ha fatto investimenti importanti nell’acquisizione di grandi strumentazioni di ricerca – ha dichiarato il Rettore dell’Università di Torino Gianmaria Ajani – grazie anche al fondamentale supporto finanziario della Compagnia di San Paolo e della Regione Piemonte (POR FESR Piemonte 2014-2020). Ad oggi, il valore complessivo delle infrastrutture in dotazione ai ricercatori è di oltre 60 milioni di euro. Parliamo di spettrometri NMR, spettrometri di massa, piattaforma genomica, imaging microscopico, Centro di Super Calcolo.”

 

L’evento si è concluso con 200 visite prenotate in 18 infrastrutture. Particolare interesse hanno riscosso il Laboratorio di caratterizzazione dei materialil’High Performance Computing per applicazioni scientifiche e intelligenza artificialeil Laboratorio di analisi del comportamento in ambienti reali allestiti e contesti di realtà virtuale. Le principali aziende che hanno partecipato operano nei seguenti settori: aerospazio, automotive, manifatturiero, chimico, alimentare, finanziario, beni culturali e biotecnologie.

 

"OPEN DAY - Infrastrutture di ricerca per imprese ed enti" è stata un'iniziativa dell'Università degli Studi di Torino che ha avuto, come partner promotori sono, 2i3T incubatore imprese di Unito; Camera di commercio, Unione Industriale, API, CNA di Torino; Confindustria Piemonte; Confindustria Cuneo; Confartigianato Piemonte; Poli tecnologici piemontesi Mesap, ICT, Biopmed, AgriFood, C Green, Clever; Italian Cluster of Green Chemistry.

Data di pubblicazione del comunicato: 
Martedì, 2 Luglio, 2019

Un sistema di monitoraggio globale per la sicurezza dell’agricoltura e dell’alimentazione del futuro

Pubblicato su Science l’articolo “A global surveillance system for crop diseases” in cui una ventina di esperti internazionali richiamano l’attenzione sulla necessità di costituire entro il 2030 un sistema globale di monitoraggio (GSS) e diagnosi delle minacce al sistema agricolo del pianeta.

 

Per l’Italia è presente la Prof.ssa Maria Lodovica Gullino, Direttore di Agroinnova, Centro di Competenza dell’Università di Torino.

 

Per soddisfare la crescente domanda di cibo, la produzione agricola globale dovrà aumentare del 70% entro il 2050. Tuttavia, i parassiti e le malattie delle colture mettono a rischio le scorte alimentari globali. In tutto il mondo le perdite di resa causate da parassiti e malattie sono stimate in media del 21,5% sul grano, del 30,0% sul riso, del 22,6% sul mais, del 17,2% sulle patate e del 21,4% sulla soia: attualmente queste colture soddisfano la metà del fabbisogno calorico globale.

 

Per migliorare il futuro dell’agricoltura, Monica Carvajal, ricercatrice del CIAT (International Center for Tropical Agriculture) con sede in Colombia ha avuto l’idea di sviluppare un sistema di monitoraggio globale delle malattie delle colture, denominato GSS (Global Surveillance System). Per costituirlo, il CIAT ha raccolto un pool di esperti provenienti da Olanda, Stati Uniti, Francia, Colombia, Tanzania, Svizzera, Kenya e Italia. Patologi vegetali, entomologi, biochimici, virologi, ma anche analisti geospaziali, fisici, statistici e geografi sono figure necessarie per dare vita in tempi rapidi ad un primo nucleo operativo. In Italia il progetto è stato accolto dalla Prof.ssa Maria Lodovica Gullino, Direttore di Agroinnova, Centro di Competenza dell’Università di Torino, attuale Presidente della Società Italiana di Patologia Vegetale (SIPaV) nonché Past President della Società Internazionale di Patologia Vegetale (ISPP).

 

Il sistema GSS dovrà comprendere anche le raccomandazioni su come comunicare al meglio la presenza di malattie emergenti alle autorità e le procedure finalizzate ad azioni tempestive necessarie per scongiurare un’epidemia di grandi dimensioni.

 

Dopo che l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha proclamato il 2020 Anno internazionale della Salute delle Piante per sensibilizzare l'opinione pubblica e i decisori politici, il progetto GSS potrebbe rivelarsi lo strumento fondamentale per aiutare i governi a fornire risposte mirate e più efficaci in termini di biosicurezza.

 

Questa rete globale permetterà di identificare minacce e rischi per la produzione agroalimentare mondiale e per garantire azioni più rapide sul campo. Rafforzerà la capacità dei Paesi del mondo, soprattutto quelli in via di sviluppo, di prevenire, diagnosticare, rispondere e eventualmente porre rimedio ai danni arrecati dai patogeni ai sistemi agricoli.

 

“La condivisione dei dati e delle informazioni – spiega la Prof.ssa Maria Lodovica Gullino, forte dell’esperienza maturata in quindici anni sui temi della biosicurezza – se fatta in modo corretto, è importante per arrivare alla risoluzione dei problemi.  Esempi di epidemie dal recente passato hanno dimostrato che ritardi e/o reticenze nella collaborazione aperta possono ingigantire problemi che, se affrontati in maniera tempestiva, sarebbero risolvibili più efficacemente”.

 

Gli autori dell’articolo, sottolineando la necessità di condividere sul campo gli strumenti diagnostici e le conoscenze tecniche, riportano alcuni esempi recenti per far fronte alle debolezze che gli attuali sistemi di monitoraggio, nazionali e/o regionali, hanno evidenziato.

 

La Cassava Mosaic Disease (CMD), malattia virale già combattuta in passato in Africa, India e Sri Lanka, nel 2015 ha colpito le coltivazioni di manioca in Cambogia e si è poi espansa, a causa della mancanza di personale addestrato e tecniche diagnostiche adeguate, in tutto il Sud-est asiatico.

 

Un altro esempio citato nel lavoro è la recente crisi che ha colpito circa 15 mila ettari di grano in Bangladesh. La collaborazione dei ricercatori e gli sforzi per condividere i dati associati al patogeno fungino, Magnaporte oryzae patotipo Triticum, hanno permesso di identificare tempestivamente l’origine della malattia (Sud America). Altri paesi, fin ora privi di focolai della malattia, hanno continuato a importare grano infetto da queste regioni, non possedendo informazioni sui livelli epidemici del paese d’importazione.

 

Sul caso europeo (e italiano) della Xylella fastidiosa, dopo la prima segnalazione ufficiale del 2013, le iniziative coordinate dall’Organizzazione Europea per la Protezione delle Piante (EPPO) hanno rafforzato la capacità del sistema nazionale, giudicato insufficiente, e facilitato la comunicazione tra diversi esperti internazionali, condividendo protocolli diagnostici e linee guida per il contenimento. Successivamente anche all’intervento dell’EFSA, che ha fornito una precisa analisi sul rischio fitosanitario dell’epidemia, diversi progetti di ricerca europei sono ora in corso per fornire prove valide e utili per le decisioni politiche.

 

Raccogliendo le esperienze migliori da tutto il mondo come l’European Plant Protection Organization, il National Plant Diagnostic Network Statunitense, i EU Reference Laboratories e il Global Influenza Surveillance and Response System coordinato dal WHO, il Sistema di Monitoraggio Globale (GSS) costituirebbe una rete unica coinvolgendo tutti gli attori e le istituzioni che, anche nei paesi in via di sviluppo, si occupano di protezione delle colture.

 

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Venerdì, 28 Giugno, 2019

Torino città del cibo - Presentanto il terzo rapporto "Atlante del Cibo"

È stato presentato oggi, venerdì 28 giugno alle ore 09.30nell’Aula Magna della Cavallerizza Reale dell’Università di Torino il Terzo Rapporto dell’Atlante del Cibo di Torino Metropolitana a cura di Alessia ToldoAnna Paola Quaglia e Ilaria Vittone e coordinato dal Prof. Egidio Dansero.

Il rapporto segue l’architettura dei due precedenti volumi, muovendosi secondo due direzioni: quella verticale degli approfondimenti territoriali e tematici e quella orizzontale delle schede, che vanno a costruire conoscenza condivida su una pluralità di temi connessi al cibo (religione, innovazione, educazione alimentare, etc).

L’Atlante del Cibo di Torino Metropolitana è un progetto di Università e Politecnico di TorinoUniversità di Scienze Gastronomiche di Pollenzo in collaborazione con Camera di Commercio di Torino.

 

Durante l’evento sono stati presentati i tre approfondimenti del 2019, che entrano nel dettaglio di alcune questioni, sia in termini tematici, sia territoriali:

 

  • Paesaggi del cibo di quartiere. Il caso di Mirafiori Sud

 

Fotografia del foodscape di Mirafiori sud, restituita attraverso la geo-localizzazione degli elementi delle diverse fasi della filiera agro-alimentare presenti sul territorio oggetto di studio. Nell’economia dell’analisi, particolare attenzione è stata data ai luoghi di distribuzione (56 in totale) e ai processi di rarefazione del commercio di prossimità che il quartiere ha conosciuto. L’analisi è accompagnata dalla raccolta di alcune testimonianze di piccoli negozianti le cui attività sono ubicate in sezioni del quartiere particolarmente “sofferenti” da questo punto di vista. Nell’approfondimento è stato presentato un primo archivio di nove pratiche e progettualità che, attraverso il cibo, agiscono sul territorio.

 

  • I sistemi alimentari di Collegno, Grugliasco e Moncalieri

 

Analisi sui sistemi che nutrono i comuni della cintura torinese, Collegno, Grugliasco e Moncalieri. Le prime tessere di una mosaicatura in progress che cerca di ricostruire il più ampio sistema alimentare metropolitano, caratterizzato da un’articolazione policentrica in sotto-sistemi locali, che dialogano tra loro e con Torino.

 

  • Il rapporto cibo/città in un’ottica di salute

 

Analisi in progress che mette sul tavolo interrogativi e apre a un’agenda di possibili ulteriori approfondimenti. L’obiettivo è capire in quale modo il sistema alimentare urbano e le politiche locali del cibo possano contribuire a obiettivi di salute, coerentemente con le direttive internazionali che promuovono il concetto di salute in tutte le politiche. Focus dell’indagine sono quindi gli orti urbani, le iniziative di recupero e redistribuzione delle eccedenze, l’accessibilità alimentare, i luoghi di consumo come le mense scolastiche o i distributori automatici e gli accordi tra i trasformatori e le istituzioni.

 

L’evento si è chiuso con la tavola rotonda che ha presentato l’accordo tra l’Atlante del Cibo (e i suoi soci fondatori Università e Politecnico di TorinoUniversità di Scienze Gastronomiche e Camera di Commercio di Torino) e Comune di TorinoCittà Metropolitana di TorinoIres Piemonte e Urban Lab.

 
Data di pubblicazione del comunicato: 
Venerdì, 28 Giugno, 2019

TechShare Day 2019

Presenti 300 inventori e140 tecnologie provenienti da 30 università e Centri di Ricerca pubblica di tutta Italia

 

Evento all’interno dell’Italian Tech Week, l’iniziativa nata nel 2016 al Politecnico di Torino per promuovere le proprie tecnologie è stata realizzata quest’anno insieme con l’Università degli Studi di Torino ospitando le migliori tecnologie del panorama italiano.

 

Torino, 25 giugno 2019 – Favorire l’incontro degli inventori con aziende ed investitori, presentare le invenzioni e i prototipi sviluppati e brevettati all’interno di Atenei e Centri di Ricerca pubblici, dare visibilità alle attività di trasferimento tecnologico: sono le finalità del Techshare Day 2019.

 

Alla sua quarta edizione, l’evento si è svolto in collaborazione tra il Politecnico di Torino e l’Università degli Studi di Torino ed è stato inserito nel contesto della prima edizione dell’Italian Tech Week. Una collaborazione che ha ampliato i settori e i numeri dei partecipanti: sono stati presenti infatti oltre 300 inventori da 30 università e centri di ricerca di tutta Italia, che hanno esposto 140 tecnologie selezionate dall’eccellenza tecnologica made in Italy.

 

La giornata ha previsto due momenti che si sono svolti in contemporanea presso i due Atenei: gli inventori hanno potuto esporre le loro tecnologie e confrontarsi direttamente con imprese ed investitori, per discutere dei vantaggi e delle applicazioni delle invenzioni, anche grazie all’organizzazione di tavole rotonde. Infatti, parallelamente alla parte espositiva sono stati organizzati 6 tavoli di lavoro dedicati al mondo Corporate, in cui 27 grandi aziende hanno raccontato le rispettive esperienze in ambito di Open Innovation, presentando come questo modello sia stato adottato ed integrato nelle loro strategie industriali e illustrando i casi di successo che ne sono derivati.

 

Presso il Politecnico hanno fatto l’intervento iniziale e quello di chiusura rispettivamente Argotec e Hyperloop, ed erano presenti le aziende FCA, GM, Italdesign per il settore della Mobilità, per l’Aerospazio invece ASI, Avio Aero, Leonardo, Thales Alenia Space e per l’ambito Energia Edison, Enel Foundation, Eni, Iren; presso l’Università invece per la categoria Salute Diasorin, Fresenius, Johnson&Johnson, Menarini, Takeda, per il settore Cibo Eataly, Ferrero, Futurefood, Inalpi, Lavazza e per l’AmbienteAmiat, Novamont, Santanna, Smat.

 

“L’Ateneo mette in campo tutte le capacità e le risorse per individuare le migliori idee, garantire una corretta gestione della proprietà intellettuale, aumentare il grado di sviluppo delle tecnologie brevettate, dialogare e stringere accordi con le imprese, creare imprenditorialità dando supporto alla nascita di spin-off e start up. Un percorso virtuoso che si interfaccia e interseca con la rete territoriale d’impresa - dichiara Giuliana Mattiazzo, Vice Rettrice al Trasferimento Tecnologico del Politecnico di Torino –quest’anno per la prima volta abbiamo realizzato l’evento con l’Università di Torino, una collaborazione che mira a rafforzare la prospettiva peculiare del Techshare Day: è un terreno di scambio molto importante, apprezzato dalle aziende, che sono sempre alla ricerca di innovazione per la propria competitività. L’unicità sta proprio nella possibilità di incontrare personalmente gli inventori e scambiarsi direttamente opinioni e informazioni”.

“Si tratta di un evento che permetterà di mostrare a tutti come ciò che si studia nelle Università non è avulso dalla realtà, ma può facilmente trovare applicazioni pratiche”dichiara il Prof. Silvio Aime, Vice Rettore per la Ricerca Scientifica e il Trasferimento Tecnologico dell’Università di Torino. “Il nostro Ateneo è da sempre impegnato nel trasferimento alle aziende delle tecnologie che si sviluppano, in diversi settori, nei nostri Dipartimenti. Il Techshare Day sarà l’occasione per mettere in vetrina il meglio delle invenzioni prodotte dalle Università e dai Centri di Ricerca italiani ed è per noi un piacere che venga promosso dalla nostra Università. La sinergia tra i due Atenei torinesi sarà ancora una volta messa a disposizione del nostro territorio, a dimostrazione dell’importanza della contaminazione fra i saperi per lo sviluppo tecnologico”.

Data di pubblicazione del comunicato: 
Martedì, 25 Giugno, 2019

Interferenza a RNA: un nuovo approccio terapeutico per la leucodistrofia, rara malattia neurodegenerativa - sulla prestigiosa rivista Brain lo studio guidato dall'Università di Torino

Lo studio guidato dal Prof. Alfredo Brusco fornisce una prova dell’efficacia del “silenziamento allele-specifico”, ponendolo come possibile terapia in tutte le malattie causate da duplicazione di gene

L’interferenza a RNA (iRNA) è un meccanismo fisiologico presente in tutte le nostre cellule che sfrutta piccole molecole di RNA a doppio filamento per regolare l’espressione genica e proteggerci dagli agenti patogeni. Grazie al lavoro dei Prof.ri Fire e Mello, valso il premio Nobel nel 2006, l’iRNA è stato sfruttato di recente per sviluppare strategie terapeutiche volte a ridurre o spegnere l’espressione di specifici geni, mutati nei pazienti, e causa di malattie genetiche come la corea di Huntington.

 

Oggi per la prima volta l’iRNA viene proposto come strategia terapeutica per curare malattie genetiche associate alla duplicazione di un gene, ovvero alla presenza di tre copie di un gene, anziché le due fisiologiche, in cui spegnere in maniera specifica la copia “in eccesso” può rappresentare una cura. È il risultato di uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivistaBraindal gruppo del Prof. Alfredo Brusco (Università di Torino, Dipartimento di Scienze Mediche) in collaborazione con i laboratori delle Prof.sse Annalisa Buffo (Dipartimento di Neuroscienze Rita-Levi Montalcini e Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi - NICO dell’Università di Torino) ed Elena Cattaneo (Università di Milano), e del prof. Pietro Cortelli (IRCCS, Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna e Università di Bologna).

 

La leucodistrofia autosomica dominante dell’adulto o ADLD

Il lavoro è iniziato dallo studio della ADLD (Leucodistrofia autosomica dominante dell’adulto), una malattia neurodegenerativa con insorgenza nell’età adulta - caratterizzata dalla perdita della cosiddetta sostanza bianca del sistema nervoso centrale - che si manifesta con disturbi del movimento e gravi alterazioni del sistema nervoso autonomo, come incapacità a mantenere una corretta pressione sanguigna e temperatura corporea e incontinenza.

L’ADLD è estremamente rara, sono note infatti solo poche decine famiglie in tutto il mondo; si trasmette da genitore affetto ai figli con la probabilità del 50%, ed è al momento incurabile. La causa genetica è la duplicazione del gene che contiene le istruzioni per produrre la proteina lamina B1 (LMNB1), con conseguente accumulo nelle cellule e neurodegenerazione.

 

La Ricerca

La ricerca - condotta dalla Dott.ssa Elisa Giorgio (Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università di Torino) anche grazie al finanziamento di Fondazione Umberto Veronesi - ha dimostrato che l’interferenza a RNA può essere sfruttata per spegnere selettivamente una delle tre copie del gene LMNB1, quella in eccesso, e riportare i livelli di lamina B1 alla normalità, evitando in questo modo l’accumulo della proteina e la malattia.

Rispetto all’iRNA, questa strategia allele-specifica (iRNA allele-specifica) non causa il completo spegnimento del gene bersaglio che può essere molto dannoso per le cellule e provocare una patologia più grave di quella che si vuole curare. L’interferenza a RNA allele-specifica è quindi un approccio più sicuro del iRNA, poiché permette di mantenere trascrizionalmente attive le due copie fisiologiche del gene target.

 

«La dott.ssa Giorgio si è avvalsa di innovativi modelli cellulari per dimostrare l’efficacia del suo approccio: si tratta di cellule neuronali generate a partire da fibroblasti dei pazienti ADLD (cellule del derma), metodo anche noto come “malattia in piastra”. Questo innovativo modello - spiega il Prof. Alfredo Brusco (Università di Torino) - ci ha permesso di dimostrare in laboratorio l’efficacia del trattamento su cellule simili a quelle colpite nel cervello dei pazienti».

 

Le prospettive terapeutiche

«Il silenziamento per interferenza allele-specifica rappresenta quindi una possibile opzione terapeutica per l’ADLD e apre nuove prospettive di ricerca nel campo di malattie genetiche causate da duplicazione di gene, anche se il passaggio a vere terapie per i pazienti potrà avvenire solo attraverso sviluppi specifici» continua Brusco.

«Sebbene le malattie genetiche siano spesso causate da meccanismi patogenetici unici, le cause molecolari alla loro base son raggruppabili in una manciata di classi, in questo caso la duplicazione di un gene. Questo ci permette di focalizzarci su una specifica malattia, ma di ottenere risultati utilizzabili dalla comunità scientifica in diverse patologie genetiche. Nello specifico - conclude il Prof. Brusco - la strategia terapeutica da noi ideata può essere sfruttata per tutte le malattie genetiche dovute alla presenza di tre copie di un gene, in cui spegnere la copia “in eccesso” può rappresentare una cura».

 

Brain, 29 May 2019

Allele-specific silencing as treatment for gene duplication disorders: proof-of-principle in autosomal dominant leukodystrophy

Elisa Giorgio, Martina Lorenzati, Pia Rivetti di Val Cervo, Alessandro Brussino, Manuel Cernigoj, Edoardo Della Sala, Anna Bartoletti Stella, Marta Ferrero, Massimiliano Caiazzo, Sabina Capellari, Pietro Cortelli, Luciano Conti, Elena Cattaneo, Annalisa Buffo, Alfredo Brusco -  Link all’articolo

 

Data di pubblicazione del comunicato: 
Martedì, 25 Giugno, 2019
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