BRAIN UniTo, il primo progetto di attrazione dei talenti della ricerca dell'Università di Torino

BRAIN UniTo è un programma finanziato dall’Unione Europea attraverso il programma NextGenerationEU, concepito per coltivare i migliori talenti della ricerca in Ateneo e attrarne di nuovi, puntando sull’eccellenza come fattore chiave per potenziare la capacità di UniTo di produrre conoscenza ad alto impatto e con l’obiettivo di generare cambiamento economico, sociale e culturale. Si tratta di un percorso pensato per ricercatrici e ricercatori interessati a cogliere le opportunità offerte in primo luogo dal Primo Pilastro di Horizon Europe, Excellent Science, che proprio nella ricerca di altissimo livello individua il motore di sviluppo dell’Unione. 

 

BRAIN UniTo, curato dall’Area Promozione Ricerca della Direzione Ricerca di UniTo, offre due percorsi distinti per rafforzare la competitività dei talenti della ricerca nelle diverse fasi della loro carriera, proponendo training e misure di accompagnamento finalizzate alla partecipazione a due linee di finanziamento: MSCA-PF, attraverso il progetto MSCA@Unito, e ERC con il progetto ERC Lab@Unito. Completa il programma un percorso trasversale di formazione per research manager e personale di supporto alla ricerca di Unito, sviluppato per creare un ecosistema di supporto alla ricerca all’avanguardia, capace di diffondere la consapevolezza dei nuovi paradigmi della ricerca e fornire strumenti utili per affrontarli.

 

Lunedì 13 giugno prenderà il via con un incontro online ERC Lab@Unito, l’incubatore di un modello sperimentale di supporto alla preparazione delle proposte per i Grants ERC - European Research Council (il principale programma di finanziamento della ricerca di frontiera dell’Unione Europea) che coinvolgerà i talenti della ricerca del nostro Ateneo in diverse fasi di carriera partendo con le/i candidate/i per i bandi Starting e Consolidator. Le date con tutti gli step del programma sono disponibili a questo indirizzo.

 

Durante il l’incontro, che vede la partecipazione di Marco Ferraro del National Contact Point ERC di APRE (Agenzia per la Promozione della Ricerca Europea), Cristina Prandi, Vice-Rettrice per la ricerca delle scienze naturali e agrarie UniTo, Laura Scomparin, Vice-Rettrice per la ricerca delle scienze economiche, giuridiche e sociali UniTo e Antonella Trombetta, Direttrice Direzione Ricerca UniTo, saranno illustrate le caratteristiche delle call ERC Starting e Consolidator. L’evento consentirà inoltre alle/ai candidate/i di confrontarsi con alcuni vincitori ERC Unito: Chiara Ambrogio (ERC-CoG), Jenny Ponzo (ERC-StG) e Andrea Bertotti (ERC-CoG). Le date degli altri incontri sono disponibili a questo indirizzo.

 

ERC Lab@Unito individua 3 assi strategici su cui lavorare per massimizzare le opportunità di successo di ricercatrici e nostri ricercatori dell’Università di Torino:

 

  • Relazione tra candidate/i e ERC Grantees Unito, per favorire il confronto con modelli positivi e incoraggiare lo scambio di esperienze tra chi desidera presentare una proposal e i vincitori e le vincitrici ERC in Ateneo;
  • Collaborazione tra candidate/i e Research manager Unito, per offrire un supporto alla preparazione della proposta fondato sulla sinergia tra competenze scientifiche e competenze tecniche;
  • Formazione di candidate/i e Research manager, per costruire una squadra di lavoro competitiva favorendo l’acquisizione di competenze utili a tutti gli aspetti della preparazione della proposal.

 

Il percorso per chi desidera presentare un progetto ERC Advanced prenderà avvio in concomitanza con la pubblicazione dei bandi ERC AdG 2023.

Data di pubblicazione del comunicato: 
Venerdì, 10 Giugno, 2022

Studio internazionale guidato da UniTo svela che i tumori surrenalici di scoperta occasionale sono associati a rischi in base a età e sesso

L’Università di Würzburg e l’Università di Torino hanno guidato il più vasto studio internazionale, retrospettivo, sui tumori surrenalici di scoperta occasionale (incidentalomi). Il lavoro – avviato nel 2015 coinvolgendo centri afferenti all’ENSAT (European Network for the Study of Adrenal Tumors) di 15 diversi Paesi – ha incluso oltre 3600 pazienti ed è stato recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista Lancet Diabetes & Endocrinology.

 

Per l’Università di Torino, i Proff. Massimo Terzolo (Direttore del Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche) e Giuseppe Reimondo hanno coordinato lo studio che ha dimostrato un eccesso di mortalità nei pazienti con adenoma surrenalico capaci di produrre cortisolo, il principale ormone secreto dalle ghiandole surrenaliche, in modo autonomo e non regolato. Per la prima volta, è stato dimostrato che il rischio di morte varia per età e sesso. Le donne di età inferiore ai 65 anni con secrezione autonoma di cortisolo hanno il più alto rischio relativo di morte, con un incremento stimato di oltre 4 volte, mentre gli uomini con età maggiore di 65 anni non hanno un significativo incremento di rischio. È stato anche confermato che la frequenza delle malattie cardio-metaboliche aumenta progressivamente con il grado di autonomia di cortisolo.

 

I tumori surrenalici sono molto diffusi nella popolazione e sono spesso diagnosticati inaspettatamente nel corso di esami radiologici effettuati per altre ragioni, senza un sospetto specifico di patologia surrenalica. Tali tumori sono pertanto definiti incidentalomi surrenalici, termine che sottolinea la loro scoperta occasionale e inattesa. L’approccio diagnostico e terapeutico agli incidentalomi surrenalici rappresenta un problema clinico emergente, perché l’impiego sempre più frequente di esami d’immagine sofisticati nella pratica medica ha portato a un progressivo incremento della frequenza con la quale sono scoperti, che varia tra il 5 e il 10% nella popolazione adulta. In circa il 50% dei casi, questi tumori sono in grado di produrre cortisolo in modo autonomo, indipendente dai meccanismi di controllo centrali.

 

Le linee guida della European Society of Endocrinology (ESE) pubblicate nel 2016 in collaborazione con ENSAT, suggerivano di considerare i pazienti con secrezione autonoma di cortisolo come a maggior rischio cardiovascolare. Questa conclusione era basata su studi precedentemente pubblicati che avevano rilevato un’associazione tra secrezione autonoma di cortisolo e alcune comorbidità tipiche della sindrome di Cushing conclamata: ipertensione, diabete, obesità e dislipidemia. Il livello di evidenza scientifica era però debole per la scarsa numerosità degli studi effettuati, che avevano valutato complessivamente solo qualche centinaio di pazienti. In particolare, erano assai limitati i dati sul rischio di mortalità associata alla secrezione autonoma di cortisolo.

 

Per confermare o confutare se i pazienti con incidentaloma surrenalico e secrezione autonoma di cortisolo fossero a maggior rischio di mortalità, nel 2015 è stato avviato lo studio in questione che ha coinvolto l’ENSAT, un network che comprende i centri Europei di riferimento per i pazienti con tumori surrenalici, ponendo come obiettivo iniziale quello di raccogliere i dati di almeno 2000 pazienti.

 

“Il nostro studio – spiegano i ricercatori – rileva l'associazione tra secrezione autonoma di cortisolo e la patologia cardio-metabolica con conseguente incremento di comorbidità e mortalità, suggerendo che sono le donne più giovani di 65 anni a sopportare le peggiori conseguenze della condizione. Questa evidenza dimostra come la secrezione autonoma di cortisolo possa essere considerata una malattia di genere e rappresenta un primo passo verso l’individualizzazione della terapia. Tuttavia, solo studi prospettici di intervento, potranno determinare se il trattamento medico o chirurgico sia in grado di ridurre significativamente la morbilità e la mortalità cardio-metabolica di tali pazienti. Il nostro studio ha il merito di stabilire il razionale e la base statistica per poter disegnare questi indispensabili studi di intervento e di fornire indicazioni utili a identificare i pazienti a maggiore rischio con una positiva ricaduta sulla qualità e i costi della strategia terapeutica”.

Data di pubblicazione del comunicato: 
Giovedì, 9 Giugno, 2022

QS World University Ranking, Università di Torino migliora la sua performance - UniTo fa registrare la sua migliore performance di sempre nel ranking, al top per reputazione accademica e rete di ricerca internazionale

L’agenzia britannica Quacquarelli Symonds ha pubblicato il QS World University Ranking, forse il più noto e prestigioso ranking internazionale. L’edizione 2022-2023 vede un netto miglioramento in classifica dell’Università di Torino nonostante l’ulteriore allargamento della graduatoria con 124 nuove entrate per un totale di 1422 atenei classificati.

 

UniTo è risalita di 10 posizioni rispetto all’edizione precedente e si colloca al 475° posto al mondo, quindi entro le prime 500 cui è data evidenza singola nella classifica (dopo le università sono presenti in classifica per fasce) risultando 12° in Italia su 41 atenei

 

I parametri valutativi di QS prendono in considerazione la reputazione accademica (che pesa il 40%),la reputazione delle aziende (10%), il rapporto studenti per docente (20%), le citazioni per docente (20%), l’internazionalizzazione dell’ateneo nel suo corpo docente (5%) e studentesco (5%).  

 

L’indicatore che registra la performance migliore è la reputazione accademica. L’Ateneo si colloca al 225° posto a livello mondiale, in risalita di 20 posizioni rispetto all’anno scorso. Nella nuova edizione sono stati calcolati due ulteriori indicatori, al momento non considerati nel ranking globale: l’occupazione dei laureati e la rete di ricerca internazionale, in cui UniTo eccelle collocandosi al 220° posto al mondo. L’Università di Torino inoltre ottiene punteggi nettamente superiori ai valori mediani anche nei parametri delle citazioni per docente e dei risultati occupazionali.  

 

Il livello di performance di UniTo in questo ranking molto competitivo è ulteriormente migliorato e raggiunge ora il top 33% delle migliori università del mondo secondo i parametri valutativi di QS, facendo registrare la sua migliore performance di sempre in questa classifica. 

 

Per quanto riguarda, invece, le classifiche disciplinari, pubblicate ad aprile 2022, l’Università di Torino si è ben posizionata anche in 20 subject ranking: 51-100° posto per Filosofia e Scienze delle Religioni (prima in Italia e tra le top 100 al mondo); 151-200° per Agraria e Scienze dell’Educazione; 201-250° per Lingue Moderne, Farmacia, Medicina, Fisica, Sociologia e Storia (dove compare per la prima volta); 251-300° per Letteratura Inglese, Diritto, Chimica e Matematica (queste ultime due discipline migliorano la loro performance rispetto al 2021); 301-350° per Informatica, Biologia, Psicologia, Economia e Scienze dei Materiali (disciplina che migliora la sua classifica rispetto all’anno precedente) e 401-450° per Scienze dell’Ambiente.  

 

Per ulteriori informazioni sulla metodologia vedi: https://politichediateneo.unito.it/ranking- internazionali/

 

Per approfondimenti su QS World University Rankings 2022 visita la pagina: https://www.topuniversities.com/university-rankings/world-university-rankings/2023

Data di pubblicazione del comunicato: 
Giovedì, 9 Giugno, 2022

L’Università di Torino celebra Nicola Tranfaglia - Lo storico, giornalista e intellettuale sarà ricordato con un convegno organizzato dall’Ateneo torinese a un anno dalla sua scomparsa

Mercoledì 8 giugno, dalle 9 alle 14 nell’Auditorium del Complesso “Aldo Moro” dell’Università di Torino, si tiene il convegno intitolato Nicola Tranfaglia storico. L’evento celebra Nicola Tranfaglia, uno dei protagonisti della cultura torinese e italiana scomparso il 23 luglio 2021 all’età di 82 anni. Storico del fascismo, giornalista e studioso del giornalismo, docente universitario e intellettuale partecipe del dibattito politico nella lunga stagione che ha attraversato, Nicola Tranfaglia sarà ricordato dalla sua Università, dai suoi allievi, dagli amici e dai molti che hanno seguito i suoi corsi.

 

Il convegno è organizzato con il patrocinio di Università di Torino, Dipartimento di Studi Storici UniTo e Fondazione Luigi Einaudi Torino. Dopo i saluti di Giulia Carluccio, Prorettrice dell’Università di Torino e Gianluca Cuniberti, Direttore del Dipartimento di Studi Storici UniTo, seguiranno gli interventi di Fabio Levi, Paolo Soddu, Emma Mana, Bruno Maida, Peppino Ortoleva, Daniela Adorni e  Marco Scavino. Ci saranno inoltre ricordi e testimonianze.

 

Nicola Tranfaglia è stato il primo ad avviare un insegnamento di storia contemporanea a Torino. Egli ha alimentato il suo impegno nell’insegnamento con una costante attività di ricerca: in primo luogo lo studio del fascismo, ma anche gli studi sull’antifascismo - con un’attenzione particolare ai fratelli Rosselli - sull’Italia repubblicana e sulla storia della stampa e della magistratura, nei quali ha posto le basi per approcci in larga parte inediti in ambiti storiografici destinati poi a interessanti sviluppi. Nella sua lunga carriera è stato anche Deputato della Repubblica italiana e, insieme a Vera Schiavazzi, fondatore del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino.

 

La partecipazione è libera fino a esaurimento dei posti disponibili.

 

L’evento sarà trasmesso in diretta streaming su unito.it/media.

Data di pubblicazione del comunicato: 
Martedì, 7 Giugno, 2022

Programma Healthy Campus: l'Università di Torino premiata dalla FISU per le sue "Best Practice" - L'Ateneo torinese ha raggiunto 81 dei 100 obiettivi stabiliti a livello internazionale

Venerdì 27 maggio 2022, all'Université Libre de Bruxelles (ULB), la Federazione Internazionale Sport Universitari (FISU) ha conferito un marchio di certificazione a 23 università coinvolte nel suo programma Healthy Campus. Tra gli Atenei premiati anche l’Università di Torino, che ha ricevuto la “silver label” dalle mani di Leonz Eder ed Eric Saintrond, rispettivamente Presidente e Segretario Generale e CEO della FISU.

 

Lanciato dalla FISU nel maggio 2020, il programma Healthy Campus è un processo di certificazione per le università nel campo della salute e del benessere in tutti i suoi aspetti. La FISU ha stabilito 100 criteri con un gruppo di esperti internazionali per contribuire alla maggior parte degli obiettivi di sviluppo sostenibile definiti dalle Nazioni Unite.

 

Tali obiettivi sono stati scelti tra sette domini differenti: Attività Fisica e Sport, Nutrizione, Prevenzione delle patologie, Salute sociale e mentale, Educazione dei comportamenti a rischio, Ambiente, sostenibilità e responsabilità sociale, Gestione del progetto Healthy Campus. Essi offrono, a chi accetta la sfida, una sorta di check list delle buone pratiche da progettare e realizzare all’interno dell’Ateneo.

 

Il programma si concentra anche su criteri quali l'uguaglianza di genere, la riduzione delle disuguaglianze, l'aumento dell'inclusione, l'energia pulita e accessibile, lo sviluppo sostenibile della comunità, il consumo e la produzione responsabili, l'azione per il clima, le partnership e le sinergie tra partner interni ed esterni al campus.

 

Al momento hanno aderito al progetto 93 Università in tutto il mondo e, per la prima volta, 23 hanno ricevuto la certificazione. Unito si è impegnata nel suo Piano Strategico a seguire il progetto e migliorare la posizione internazionale di anno in anno. In questa edizione l’Ateneo torinese ha raggiunto 81 obiettivi su 100 e sette delle sue azioni sono state considerate “Best Practice” a livello internazionale.

Data di pubblicazione del comunicato: 
Mercoledì, 1 Giugno, 2022

Dimostrata l'inefficacia del farmaco anti-Alzheimer con la tecnica statistica di Alan Turing - La ricerca di due docenti UniTo che prova come il prodotto sviluppato dalla multinazionale Biogen sia inefficace contro la patologia neurodegenerativa

È stata pubblicata martedì 31 maggio, sulla rivista Journal of Alzheimer's Disease, la ricerca intitolata "A Bayesian Reanalysis of the Phase III Aducanumab (ADU) Trial", realizzata dai Proff. Tommaso Costa e Franco Cauda del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino. Lo studio analizza l’efficacia dell’aducanumab (ADU), un farmaco prodotto dall’azienda farmaceutica Biogen per curare il morbo di Alzheimer. Grazie all’applicazione della statistica bayesiana, una tecnica già usata da Alan Turing per decifrare la macchina Enigma, i docenti UniTo hanno dimostrato che l’efficacia di ADU nel trattamento della patologia era molto bassa.

 

Tutto ha inizio nel 1999, quando alcuni ricercatori dimostrano che l'immunizzazione contro la produzione di placche di proteina beta-amiloide aveva invertito i deficit neurologici nei topi transgenici. Questa scoperta dà l’avvio a ricerche nel mondo accademico e nelle industrie farmaceutiche per sviluppare terapie di immunizzazione per il morbo di Alzheimer. A partire dal 2019, nonostante i risultati promettenti ottenuti nelle prime fasi dei trial clinici, i farmaci anti-immunizzazione falliscono nella fase III dei test e le principali sperimentazioni si interrompono. A causa del fallimento dei loro trial anche Biogen, la multinazionale americana di biotecnologie, annuncia l'interruzione della sua sperimentazione di fase III del farmaco ADU. Alcuni mesi dopo però, dicembre 2019, a seguito di un ulteriore trial clinico, torna sui propri passi e dichiara la potenziale efficacia del farmaco ad alti valori di dosaggio.

 

I risultati vengono presentati in un incontro internazionale a San Diego (California) e la Biogen, basandosi su queste nuove evidenze, presenta nel luglio 2020 alla Food and Drug Administration (FDA) una nuova domanda per proseguire nello sviluppo del farmaco. Tuttavia, molti dubbi sull’efficacia di questo farmaco vengono sollevati nel mondo scientifico e della ricerca, in particolare dai ricercatori dell'Office of Biostatistics (OBS) della FDA, secondo i quali non erano state fornite prove sostanziali di efficacia del farmaco. I dubbi derivano dal fatto che i valori di significatività statistica sull’efficacia del farmaco sono al confine tra significativo e non significativo. Cioè i risultati statistici erano molto ambigui. Nonostante le osservazioni e raccomandazioni espresse dall'OBS, la FDA approva comunque il proseguimento dei trial clinici sul farmaco.

 

Il lavoro di Costa e Cauda si è proposto di rianalizzare i dati resi pubblici dalla Biogen per verificare se fosse possibile, utilizzando altre tecniche statistiche, ottenere evidenze scientifiche più forti sulla effettiva efficacia del farmaco. Gli unici dati e risultati disponibili della fase III purtroppo, non essendo stati rilasciati pubblicamente i dati grezzi, sono state le statistiche sommarie dei risultati dei trial clinici svolti presentati a San Diego. Per analizzare questo tipo di dati i docenti UniTo hanno applicato delle tecniche di statistica bayesiana, un tipo di statistica in cui l'evidenza su uno stato vero del mondo è espressa in termini di gradi di credibilità o più specificamente di probabilità. Si tratta di una tecnica già usata da Alan Turing negli anni ‘40 per decifrare la macchina Enigma, chiamata Fattore di Bayes (BF).Questo tipo di statistica costituisce un approccio diverso dalla statistica frequentista tradizionale, usata solitamente nell’accademia e anche nei trial clinici.

 

“Adottando questa tecnica - dichiara il Prof. Tommaso Costa - abbiamo potuto dimostrare che l'evidenza dell'efficacia del farmaco ADU, cioè la probabilità che funzioni come trattamento per la malattia di Alzheimer, è molto bassa. I risultati hanno mostrato che, contrariamente a ciò che ha affermato la Biogen, anche nella condizione ad alto dosaggio del farmaco, l'efficacia infatti è sempre bassa. Questo lavoro, insieme ad altri, ha dimostrato che la statistica bayesiana consente di superare difficoltà computazionali, fornire risultati in modo rapido e semplice e una puntuale interpretazione e valutazione dei risultati degli studi clinici che la rende molto promettente per lo sviluppo e la ricerca nel campo dei trial clinici”.

Data di pubblicazione del comunicato: 
Mercoledì, 1 Giugno, 2022

Dimostrata l'inefficacia del farmaco anti-Alzheimer con la tecnica statistica di Alan Turing - La ricerca di due docenti UniTo che prova come il prodotto sviluppato dalla multinazionale Biogen sia inefficace contro la patologia neurodegenerativa

È stata pubblicata martedì 31 maggio, sulla rivista Journal of Alzheimer's Disease, la ricerca intitolata "A Bayesian Reanalysis of the Phase III Aducanumab (ADU) Trial", realizzata dai Proff. Tommaso Costa e Franco Cauda del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino. Lo studio analizza l’efficacia dell’aducanumab (ADU), un farmaco prodotto dall’azienda farmaceutica Biogen per curare il morbo di Alzheimer. Grazie all’applicazione della statistica bayesiana, una tecnica già usata da Alan Turing per decifrare la macchina Enigma, i docenti UniTo hanno dimostrato che l’efficacia di ADU nel trattamento della patologia era molto bassa.

Tutto ha inizio nel 1999, quando alcuni ricercatori dimostrano che l'immunizzazione contro la produzione di placche di proteina beta-amiloide aveva invertito i deficit neurologici nei topi transgenici. Questa scoperta dà l’avvio a ricerche nel mondo accademico e nelle industrie farmaceutiche per sviluppare terapie di immunizzazione per il morbo di Alzheimer. A partire dal 2019, nonostante i risultati promettenti ottenuti nelle prime fasi dei trial clinici, i farmaci anti-immunizzazione falliscono nella fase III dei test e le principali sperimentazioni si interrompono. A causa del fallimento dei loro trial anche Biogen, la multinazionale americana di biotecnologie,  annuncia l'interruzione della sua sperimentazione di fase III del farmaco ADU. Alcuni mesi dopo però, dicembre 2019, a seguito di un ulteriore trial clinico, torna sui propri passi e dichiara la potenziale efficacia del farmaco ad alti valori di dosaggio.

I risultati vengono presentati in un incontro internazionale a San Diego (California) e la Biogen, basandosi su queste nuove evidenze, presenta nel luglio 2020 alla Food and Drug Administration (FDA) una nuova domanda per proseguire nello sviluppo del farmaco. Tuttavia, molti dubbi sull’efficacia di questo farmaco vengono sollevati nel mondo scientifico e della ricerca, in particolare dai ricercatori dell'Office of Biostatistics (OBS) della FDA, secondo i quali non erano state fornite prove sostanziali di efficacia del farmaco. I dubbi derivano dal fatto che i valori di significatività statistica sull’efficacia del farmaco sono al confine tra significativo e non significativo. Cioè i risultati statistici erano molto ambigui. Nonostante le osservazioni e raccomandazioni espresse dall'OBS, la FDA approva comunque il proseguimento dei trial clinici sul farmaco.

Il lavoro di Costa e Cauda si è proposto di rianalizzare i dati resi pubblici dalla Biogen per verificare se fosse possibile, utilizzando altre tecniche statistiche, ottenere evidenze scientifiche più forti sulla effettiva efficacia del farmaco. Gli unici dati e risultati disponibili della fase III purtroppo, non essendo stati rilasciati pubblicamente i dati grezzi, sono state le statistiche sommarie dei risultati dei trial clinici svolti presentati a San Diego. Per analizzare questo tipo di dati i docenti UniTo hanno applicato delle tecniche di statistica bayesiana, un tipo di statistica in cui l'evidenza su uno stato vero del mondo è espressa in termini di gradi di credibilità o più specificamente di probabilità. Si tratta di una tecnica già usata da Alan Turing negli anni ‘40 per decifrare la macchina Enigma, chiamata Fattore di Bayes (BF).Questo tipo di statistica costituisce un approccio diverso dalla statistica frequentista tradizionale, usata solitamente nell’accademia e anche nei trial clinici.

“Adottando questa tecnica - dichiara il Prof. Tommaso Costa - abbiamo potuto dimostrare che l'evidenza dell'efficacia del farmaco ADU, cioè la probabilità che funzioni come trattamento per la malattia di Alzheimer, è molto bassa. I risultati hanno mostrato che, contrariamente a ciò che ha affermato la Biogen, anche nella condizione ad alto dosaggio del farmaco, l'efficacia infatti è sempre bassa. Questo lavoro, insieme ad altri, ha dimostrato che la statistica bayesiana consente di superare difficoltà computazionali, fornire risultati in modo rapido e semplice e una puntuale interpretazione e valutazione dei risultati degli studi clinici che la rende molto promettente per lo sviluppo e la ricerca nel campo dei trial clinici”.

Data di pubblicazione del comunicato: 
Mercoledì, 1 Giugno, 2022

L’Università di Torino per il Festival Internazionale dell'Economia - Dal 1° al 4 giugno il Cortile del Palazzo del Rettorato si trasforma nell’UniTo Speakers’ Corner

Il Cortile del Palazzo del Rettorato si trasforma nell’UniTo Speakers’ Corner, dal 1° al 4 giugno docenti, ricercatrici e ricercatori dell'Ateneo guideranno il pubblico in un percorso multidisciplinare di riflessione sui grandi temi della contemporaneità.

 

Da mercoledì 1 a sabato 4 giugno, dalle ore 18.00 alle 20.00, nel Cortile del Palazzo del Rettorato (via Verdi 8, Torino), in occasione del Festival internazionale dell'Economiadocenti, ricercatrici e ricercatori dell'Ateneo si alterneranno dall’UniTo Speakers’ Corner, in 26 brevi speech sul tema del Festival: merito, diversità e giustizia sociale

 

Durante l’evento, organizzato nell’ambito del progetto UniVerso, l’osservatorio permanente sulla contemporaneità dell’Università di Torino, oratori e oratrici guideranno il pubblico in un percorso multidisciplinare di riflessione sui grandi temi del presente:

 

  • mercoledì 1° giugno - Merito
  • venerdì 3 giugno - Diversità
  • sabato 4 giugno - Giustizia sociale.

 

UniTo inoltre, membro promotore del comitato organizzatore TOLC (Torino Local Commitee) del Festival internazionale dell'Economia diretto da Tito Boeri e progettato dagli Editori Laterza, ospiterà nell'Aula Magna della Cavallerizza alcuni incontri del programma (ingresso libero e gratuito fino ad esaurimento posti).

 

Si comincia oggi, martedì 31 maggio, alle ore 19.00, con l’incontro dal titolo "Il ruolo degli atenei per lo sviluppo del territorio e l'inclusione”. Nell'Aula Magna della Cavallerizza (via Verdi, 9), si confronteranno i Rettori di Università e Politecnico, Stefano Geuna e Guido Saracco, in dialogo con Christian Greco, Direttore del Museo Egizio.

 

Il tema di questa edizione del Festival, “Merito, diversità, giustizia sociale” sarà articolato in una serie di formati diversi tra loro, per rispondere alle esigenze di un ampio pubblico. 160 iniziative, con più di 400 persone che prenderanno la parola: cinque giorni per ascoltare, riflettere, confrontarsi e imparare sui temi di merito, diversità e giustizia sociale. Tra gli ospiti, oltre 100 relatori e relatrici. 

 

Tutti gli speech di UniTo Speakers’ Corner saranno trasmessi in diretta su UniTo Media

Data di pubblicazione del comunicato: 
Martedì, 31 Maggio, 2022

Un pesce fossile di 48 milioni di anni rivela l'inaspettata storia evolutiva dei pesci luna - Lo studio, effettuato da un team italo-irlandese guidato da Valentina Rossi (University College Cork, Irlanda) e da Giorgio Carnevale di UniTo

Lo studio, effettuato da un team italo-irlandese guidato da Valentina Rossi della University College Cork, Irlanda e da Giorgio Carnevale dell’Università di Torino, è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica “Palaeontology”.

 

Il recente ritrovamento di un nuovo esemplare di pesce luna (Mene rhombea – in figura 1) nei depositi fossiliferi di Bolca (Monti Lessini, Verona) ha stimolato un nuovo studio paleontologico che ha permesso di ricostruirne l’aspetto e determinarne la dieta e l’habitat. La ricerca, sviluppata da un team italo-irlandese guidato dalla ricercatrice Valentina Rossi della University College Cork, Irlanda e dal Prof. Giorgio Carnevale del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Torino, è stato pubblicato oggi sulla prestigiosa rivista scientifica “Palaeontology”.

 

I sedimenti fossiliferi di Bolca si sono accumulati nell’Eocene (circa 48 milioni di anni fa) in un mare tropicale che un tempo esisteva dove oggi sorgono i Monti Lessini, e sono ora conosciuti in tutto il mondo, da esperti e appassionati di paleontologia, per la straordinaria preservazione dei fossili che in essi sono conservati. 

 

“I fossili rinvenuti dal sito della Pesciara sono definiti eccezionali in quanto presentano, oltre ai resti scheletrici, anche l’evidenza di tessuti non-mineralizzati come pelle, occhi, muscoli e organi interni” ha dichiarato il Prof. Giorgio Carnevale, esperto delle faune di Bolca. L’esemplare studiato appartiene alla famiglia dei menidi, comunemente chiamati pesci luna per via del loro corpo appiattito, che al giorno d’oggi è rappresentata dalla sola Mene maculata, una specie che vive in acque poco profonde nell’Oceano Indo-Pacifico. 

 

“Di esemplari di Mene rhombea ne sono stati trovati moltissimi, tanto che si può definire una vera e propria icona di questi giacimenti fossiliferi”, ha aggiunto Roberto Zorzin, (manca attribuzione) “ma l’esemplare che abbiamo avuto l’opportunità di studiare è tra i meglio conservati mai rinvenuti”. 

 

Sin dalle prime osservazioni effettuate presso il Museo Civico di Storia Naturale di Verona è stato chiaro per gli studiosi che si trattasse di un esemplare eccezionale (Fig. 1). “Tre prominenti strie longitudinali di colore scuro alternate ad altrettante di colore più chiaro erano ben evidenti ad occhio nudo sui resti della pelle dell’animale. Grazie all’utilizzo di un microscopio ci siamo accorti che nell’addome erano presenti non solo i resti del suo ultimo pasto ma anche le tracce dell’intestino e altro materiale organico”, ha spiegato il Prof. Carnevale.

 

Ulteriori analisi morfologiche e chimiche di dettaglio hanno confermato la presenza di melanosomi nelle strie scure della pelle, nell’occhio e anche in alcune zone dell’addome. I melanosomi sono dei microscopici organelli cellulari contenti la melanina, il pigmento che dona il colore alla pelle, occhi, capelli e piume. 

 

“Oggi sappiamo che nei vertebrati i melanosomi possono essere anche interni, ovvero contenuti all’interno degli organi, per esempio nel cuore, nel fegato e nei reni, per citarne alcuni” ha dichiarato la ricercatrice Valentina Rossi, “trovarli in un fossile ci permette di ricostruirne il colore della pelle e l’anatomia interna”. 

 

Lo studio comparativo con pesci attuali, la specifica distribuzione anatomica e la distinta geometria dei melanosomi nel fossile suggeriscono che questi organelli provengano da diversi tessuti, in particolare da pelle, rene, peritoneo e probabilmente cuore o fegato. L’analisi del contenuto dello stomaco invece ha rivelato la presenza di piccole ossa di pesce simili a quelle di una sardina, indicando che il M. rhombea avesse, almeno in parte, una dieta piscivora. 

 

“Una dieta piscivora nei pesci attuali è spesso associata ad una livrea striata, con strie longitudinali con toni alternati chiari e scuri” ha aggiunto il Prof. Carnevale, “e questa informazione corrisponde perfettamente con i dati ottenuti dal nostro fossile confermando che in passato i pesci luna di Bolca preferivano mangiare piccoli pesci a differenza della specie attuale che invece si ciba di piccoli invertebrati e plancton”. 

 

Un altro aspetto importante dello studio è la comparazione tra il pattern del colore della pelle osservabile nella specie vivente e quello rivenuto nel suo antenato fossile. Il primo è caratterizzato da una livrea maculata mentre il secondo da strie longitudinali e questo suggerisce che nel corso di quasi 50 milioni di anni la linea evolutiva dei menidi si sia diversificata e che le due specie avessero delle abitudini di vita diverse

 

Nel Mene rhombea, le strie del dorso suggeriscono che l’animale abitasse ambienti di mare aperto. “È probabile che gli antichi pesci luna vivessero in banchi come gli attuali, ma preferissero nuotare in mare aperto, avvicinandosi alla costa solo per predare i piccoli pesci presenti in queste zone” ha spiegato il Prof. Carnevale. 

 

Ma cosa ha portato a queste differenziazione delle livree? “Diverse modificazioni ambientali e genetiche hanno avuto un ruolo fondamentale nel cambiamento del pattern del colore nella linea evolutiva dei menidi”, ha aggiunto la ricercatrice Valentina Rossi. “Variazioni dei geni che controllano la formazione dei pattern della pelle possono avvenire molto rapidamente e sono osservabili nel giro di poche generazioni nei pesci; quindi, non è così strano ipotizzare gli stessi processi in due specie morfologicamente simili separate da ben 48 milioni di anni. La cosa incredibile è proprio che abbiamo potuto osservare direttamente un esemplare fossile così ben preservato da offrirci nuovi spunti per la ricerca dell’evoluzione del colore nelle specie ormai estinte. Rimango sempre affascinata dalla quantità di informazioni che possiamo estrarre dai fossili”. 

 

Link all’articolo https://onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1111/pala.12600 

Data di pubblicazione del comunicato: 
Lunedì, 30 Maggio, 2022

L'esotismo in musica, una lezione concerto con il Conservatorio G. Verdi per Aida figlia di due mondi - Domani, martedì 31 maggio - ore 17.30 - Cortile del Rettorato (Via Verdi 8 / Via Po 17, Torino)

Domani, martedì 31 maggio, nel Cortile del Rettorato un viaggio nell’esotismo musicale a cura dei musicologi UniTo Andrea Malvano e Stefano Leoni in collaborazione con il Conservatorio G. Verdi di Torino.

 

In occasione della grande mostra Aida, figlia di due mondi realizzata dal Museo Egizio di Torino per celebrare il 150° anniversario del debutto di Aida, l’Università di Torino, nell’ambito del cartellone di UniVerso - Un osservatorio permanente sulla contemporaneità, propone una serie di iniziative differenti dedicate alla musica, alla storia, al cinema e al teatro in collaborazione con Teatro Regio TorinoConservatorio ‘G. Verdi’Museo Nazionale del Cinema e Aiace Torino.

 

Domani, martedì 31 maggio 2022, alle ore 17.30, nel Cortile del Rettorato (Via Verdi 8 / Via Po 17, Torino) si terrà una lezione-concerto alla scoperta dell’esotismo nella storia della musica a cura dei musicologi e docenti UniTo Andrea Malvano e Stefano Leoni, con la collaborazione di musicisti e musiciste delle scuole di Assieme di fiaticanto e pianoforte del Conservatorio G. Verdi di Torino.

 

Turcherie, esotismi e buffe caricature delle culture distanti hanno spesso animato il pensiero musicale dei compositori. Non era mai una ricerca autentica nel museo a cielo aperto del folklore extra-europeo, ma un allineamento a una serie di convenzioni formali, ritmiche, timbriche alle quali si era deciso di affidare il ritratto della diversità. 

 

Il Ratto dal serraglio (1782) di Mozart aveva fatto scuola, raccontando un oriente favoloso, fatto di stramberie e di una comicità surreale che permetteva molte sperimentazioni. La traduzione in francese delle Mille e una notte prima (1711), le Lettere persiane di Montesquieu dopo (1721) avevano favorito la proliferazione di soggetti spesso giocati attorno al tema del serraglio, della donna segregata in cerca di salvatori rigorosamente occidentali, o di ragazze europee finite incidentalmente nell’harem di qualche pascià tanto brutale quanto facile da raggirare. 

 

L’esotismo dei vari Tamerlano, Montezuma e Gengis Khan non andava oltre l’eccentricità dei costumi e il fasto delle scene; e al di là di poche pennellate di colore, piccole deviazioni dalla grammatica melodica mitteleuropea, tutto si risolveva in una risata grossolana nei confronti di un’alterità osservata con un malizioso sguardo di superiorità. Ma nel corso dei secoli l’atteggiamento si è trasformato offrendo tante letture differenti dell’alterità, che spaziano dalla ricerca antropologica alla rappresentazione surreale e giocosa delle culture remote. 

Data di pubblicazione del comunicato: 
Lunedì, 30 Maggio, 2022
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